La fine della mascolinità e dei carezzacapelli (memore Fourier). Piccola considerazione

La fine della mascolinità e dei carezzacapelli (memore Fourier). Piccola considerazione

E’ ormai sempre più evidente, almeno nella nostra società occidentale e opulenta (si fa per dire, non per tutti ovviamente) che l’essere maschio, o meglio, interpretare la propria mascolinità, sia diventato un discreto rebus.

Non passa giorno che qualche carattere tradizionale di ciò che da secoli si considera maschile non venga fatto oggetto di accuse, dileggio, stigmatizzazione o addirittura sanzione normativa.

L’ultima che ho letto in merito, che sfiora, perdonatemi, un poco il ridicolo è l’affermazione (da parte ovviamente di un maschio, un maschio pronto a castrarsi per fare contente le donne) che a lui non è mai capitato che una donna gli toccasse il culo senza conoscerlo. E che quindi le donne non molestano e che quindi insomma sono sempre gli uomini i cattivi (la faccio corta ma il senso era quello).

Ora, se per molestia si intende la palpata al culo effettivamente è probabile che pochi uomini l’abbiano dovuta sopportare da una donna sconosciuta, benché secondo me anche qui la cosa sia piuttosto incerta (tra l’altro farei notare che molti ragazzi, i calciatori e gli atleti per esempio, fateci caso, vengono spesso sculacciati bonariamente sul culo sia dai loro compagni che da allenatori, terapisti ecc. uomini, ma talora anche donne). Tra uomini il toccarsi il culo e i genitali è sempre stato piuttosto diffuso come linguaggio sociale e diventa particolarmente presente in istituzioni solo maschili. Gli uomini si toccano e toccano le loro zone genitali, è una pratica da sempre simbolo di mascolinità, anche con degli accenti omosessuali. Non che questo abbia a che fare in maniera diretta con la palpata di cui sopra ma tuttavia rientra in un costume sociale diffuso che è tipicamente maschile (toccare il culo, toccare i testicoli).

Le donne si toccano? Le donne si accarezzano, si abbracciano, si coccolano. Tuttavia, non si toccano manescamente (in linea di massima), come fanno gli uomini.

Ora sicuramente tutto questo non è bello ma nella pratica di seduzione maschile il toccare è nella norma. E’ un codice, come è un codice lo sguardo femminile, lo è culturalmente ma credo anche animalmente. Non dimentichiamoci che apparteniamo a un genere animale predatore (almeno da molti secoli) e dove comunque il maschio cerca di affermare la sua dominanza per poter ottenere la femmina (è così per quasi tutti gli altri mammiferi).

Atavicamente è inscritto nel codice maschile il dovere della dominanza (come della protezione), specie nei confronti della femmina ma anche di altri maschi in competizione. Potrà apparire agli occhi della femminista un argomento obsoleto e vizioso ma non si deve sottovalutare la componente animale che c’è in ognuno di noi e che spesso, anche nelle scelte sessuali per esempio (e particolarmente in quelle) ha un peso non indifferente (vedere il bel (e divertente) libro Le forme del desiderio di Jesse Bering, che studia in chiave di psicologia evolutiva questi fenomeni).

Se poi prendiamo la psicoanalisi (quella di Melanie Klein, probabilmente pervasa dallo spirito patriarcale di Freud ma comunque degna di essere conosciuta) troviamo che la funzione paterna (maschile) ha un preciso orizzonte, che è quello di creare il contenitore all’interno del quale la relazione madre-bambino possa svolgersi nelle sue specifiche e difficili, emozionalmente, vicissitudini. In particolare, si sottolinea come il padre debba filtrare la negatività che la madre incorpora filtrando a sua volta, con la sua “rêverie” (Bion), le emozioni negative del bambino. Insomma, un contenimento del contenimento. In assenza di questa funzione il cortocircuito materno con il figlio è più facile. Quindi si ribadisce che il padre (che poi questo ruolo sia interpretato da una donna non è necessariamente un problema) ha una funzione di difesa e di protezione della madre in un periodo particolarmente delicato per lei ma soprattutto per la prole. Una funzione che è anche, all’occasione, offensiva verso un nemico esterno (come negli animali) talora magari rappresentato da parenti, amici e altre catastrofi. Tutto questo, di fronte all’avvento dei “padri materni”, sembra andare in crisi. Ma lascio alle esperte (come la Argentieri) il tema.

Nella società dei Moso, una delle ultimissime o comunque rarissime di tipo matriarcale (in una zona remota della Cina), sebbene non esista la famiglia se non appunto in riferimento alla figura materna (tutti i figli stanno nella abitazione materna e i padri non esistono come figure genitoriali né come partner di coppia), permane la distinzione tra compiti all’interno della casa (femminili) e all’esterno (maschili).

Insomma, resta testimoniato da più parti, in modi diversi sicuramente, che la mascolinità abbia (avuto?) un qualche senso specifico e difficilmente fungibile nelle più importanti vicissitudini della vita relazionale delle società umane.

Tornando alle molestie credo non sia difficile capire perché le donne non palpano il culo agli uomini: intanto perché ne hanno timore (non dimentichiamo che il timore della femmina è un dato costante, ancorché talora inconsapevole, nei suoi rapporti con il maschio, proprio in quanto animalmente più forte e culturalmente dominatore e predatore, il che ovviamente è un dato tutt’altro che apprezzabile ma nondimeno, almeno fino ad oggi, indubitabile), in secondo luogo perché non appartiene al loro linguaggio (a differenza, come abbiamo visto, che nel maschile), in terzo luogo perché nel tempo hanno elaborato altre modalità di seduzione o comunque di segnalazione del loro interesse (tutta una serie di mosse, esplicitamente fisiche, che la sociologia del comportamento ha messo ben in luce: postura delle gambe, accesso prossimale, piccoli contatti, sguardo, ecc.).

Ma naturalmente questo può apparire una giustificazione indecente di fronte ai gesti spesso violenti degli uomini.

Personalmente penso che prima di sconfiggere la tendenza all’aggressività maschile, anche come pratica di seduzione (gradita peraltro in molte fantasie sessuali femminili accertate: essere afferrate, dominate, e addirittura stuprate, fantasie che probabilmente sono state interiorizzate proprio attraverso la cultura patriarcale), occorrerà molto tempo perché inscritta nel lato animale del maschio. Certo è anche un fatto culturale ma non solo. Vale la pena azzerarlo?

Ma veniamo al dunque: se occorre smantellarla la mascolinità, quanto, fino a che punto?

Mi rendo conto che argomenti di questa portata richiederebbero ben altro spazio e ben altri approfondimenti e tuttavia forse qualche breve considerazione la si può fare (sapendo che pochi sono disposti a mediare ma tant’è).

La sensazione diffusa, anche negli scritti di molti maschi compiacenti è che la mascolinità, nei suoi tratti più caratteristici (in parte culturali ma in parte anche biologici), aggressività, forza, tendenza alla dominanza, avventurosità, estimità, iniziativa, bellicosità, muscolarità, protezione, (tratti che non si traducono necessariamente in violenza ma che sembrano predisposizioni ad essa, comunque, ancora qui atavicamente ma non troppo se si pensa che gli uomini ancora oggi in molti paesi sono i principali protagonisti delle azioni di difesa del territorio e lo sono stati ovunque fino a pochi decenni or sono), debba essere demolita.

Anche non volendo mettere in dubbio la buona intenzione (anche pacifista) sottesa a questa posizione, si tratta di capire se sia possibile. Probabilmente sì, come, allo stesso modo, il rafforzamento di tratti mascolini nelle donne, oggi sempre più evidenti, si dà come un fatto abbastanza acquisito, almeno culturalmente (salvo che poi spesso le donne reclamano dagli uomini di essere “uomini” in molte faccende della vita quotidiana e non poco nella sessualità).

Probabilmente la mascolinità (come l’abbiamo conosciuta) è al tramonto e, con essa, credo, tutto un retaggio effettivamente ingombrante e deleterio di comportamenti di oppressione, di dominio, di violenza.

Detto questo, che appare ormai ineluttabile, almeno in un mondo che ha messo al bando morale la dimensione dell’aggressività (salvo che poi l’aggressività è ovunque e spesso proprio in chi si ribella all’aggressività ma questo richiederebbe un’ulteriore ampia riflessione), non credo che sarà breve il percorso di liberazione dalla molestia gestuale.

Appartiene a un sostrato molto profondo della cultura e della natura maschile, innervata in pratiche di vita che, è vero, vanno via via scomparendo ma molto lentamente.

Non possiamo che augurarcelo, stando però attenti che la vita relazionale non diventi un rituale completamente privo di istinto e totalmente regolato da contratti di tipo normativo. Che intima cioè che si possa fare qualcosa solo se consapevolmente e esplicitamente concordato in forma reciproca.

Recentemente a un amico è capitato di essere denunciato per molestia per aver accarezzato (non tirato) i capelli di una ragazza durante un tentativo di seduzione.

Personalmente in un mondo dove la carezza ai capelli, il prendere la mano o, addirittura, lo sguardo insistito, vadano fuori legge se non precedentemente concordati, trovo che sia davvero poco interessante ed emozionante vivere il rapporto erotico.

with No Comments 1

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *