Le donne evaporate si incazzano (ovviamente)

Le donne evaporate si incazzano (ovviamente)

Scopro che il mio pezzo sull’evaporazione della donna  (http://www.paolomottana.it/2023/08/23/levaporazione-della-donna-note-di-costume/ ) (titolo che voleva evocare il lacaniano evaporare del padre, anche ironicamente), ha suscitato molto trambusto nelle fila del mondo femminista e contorni vari più o meno fluidi.

Da un lato è positivo, vuol dire che, nella sua evidente provocatorietà (ma forse non è più il tempo neppure per le provocazioni in un clima di guerra e di scarsissimo senso dell’umorismo), ha colto nel segno.

Faccio presente che comunque, a quelle “note di costume” (giacché in quel pezzo si prendevano di mira alcuni “tic” della donna contemporanea (di un certo tipo di donna contemporanea, appunto sempre a corto di tempo e molto maschile), ho fatto seguire un video intitolato Del femminile e del notturno, (sempre presente sul mio blog (https://www.youtube.com/watch?v=6CHgXDEQiDo&t=172s) dove approfondivo la questione attraverso le mie coordinate culturali da molto tempo ben documentate in molteplici libri e articoli sulla dimensione simbolica e immaginale del nostro tempo e non solo.

Rimando quindi a quel video chi volesse capire qualcosa di più dello sfondo su cui si innestavano quelle considerazioni, naturalmente posto che abbia la disponibilità mentale e apertura culturale .

Ritorno sul tema solo per segnalare che non sono certo il primo a occuparmi di quanto controversa sia la questione e mi limito a riferirmi per esempio al testo del 2007 (sottolineo) di Marina Terragni intitolato La scomparsa della donna.

In esso compaiono asserzioni di questo genere (tra le molte altre):

“Quando ci lamentiamo della solitudine, di quanto sia difficile nella nostra società avere buone relazioni con gli altri, non dimentichiamoci che di queste buone relazioni le donne sono sempre state custodi. Il fatto è che le donne stanno scomparendo, la differenza femminile si sta estinguendo e il loro lavoro non lo vuole più fare nessuno ( p. 44)”.

“Uno degli aspetti più catastrofici e meno contestati della globalizzazione è la riduzione di due sessi a uno soltanto, quello maschile. La differenza femminile rischia di estinguersi. Invece che  diventare uguali a noi stesse, invece che riconoscere la madre, diventiamo sempre più uguali agli uomini” (p.50).

“In un suo saggio la sociologa americana Barbara Ehrereich sostiene che noi donne occidentali, egoiste e narcisiste, ci emancipiamo sulla pelle di tutte quelle straniere che vengono qui a farsi carico della nostra quota di lavoro di cura” (p. 53).

“Se si vuole che gli uomini ci ascoltino bisogna avere la pazienza di aspettare che siano loro a venire da noi, senza strillare e recriminare. Un po’ come succede nell’amore. Devono essere loro a chiedere, a riconoscere e a manifestare il loro bisogno, per una volta senza difendersene. Devono patire quel che è necessario per arrendersi e chiedere. Ma perché ciò avvenga devono essere rassicurati sul fatto che le donne non gli faranno guerra, che sono disponibili a rispondere” (p. 78).

“Rinuncerei a un po’ di individuo, tornando a porre l’accento sulla relazione, sul fatto che sono gli altri a farci essere quello che siamo e perfino a farci essere liberi, riconoscendo la nostra interdipendenza e il nostro bisogno dell’altro, quando invece ci sono tante donne che si infelicitano l’intera esistenza nella fatica di negarlo” (p.105)

“Ci vuole anche, una politica del desiderio e del simbolico che dia importanza all’essere madre, che le madri le ammiri. Che rimetta al centro la nascita, in quanto “possibilità di cominciare e ricominciare sempre” dice Julia Kristeva, come fondamento “ontologico” di libertà. Che pensi la cura come un valore tra i più pregevoli (p. 130).

“La sensazione, per dirla in gergo psicoanalitico, è che oggi tutto lo spazio sia saturato dal fallo, che tutto avvenga secondo i modi degli uomini, che si faccia molta fatica a preservare almeno una parte dello spazio e che le ragazze siano tutte inculcate dalla possibilità di essere incluse nel mondo maschile” (189).

E potrei andare avanti. Non voglio però togliere il piacere a tutte le “ragazze” di leggerselo per conto proprio. E la Terragni non è certo una reazionaria o una retrograda, è stata una femminista, un’attivista, una giornalista certamente impegnata nelle battaglie femminili. Solo, a un certo punto, ha aperto uno spiraglio di riflessione sul modo in cui anche i migliori valori stimolati dal femminismo sono tramontati dietro una pura e semplice demonizzazione del maschio salvo poi incarnarne tutti i comportamenti (e filosofia) tipici.

Non è solo lei. Lo stesso percorso lo ha fatto Luce Irigaray e così molto filosofe attente al vero problema (da Maria Zambrano a Julia Kristeva, per non parlare di Etty Hillesum che con piacere ho vista citata, anche se certo donna di un’altra epoca), che è quello di salvaguardare la differenza, specie quella simbolica ma anche quella concreta degli stili, della comunicazione, del modo di essere.

La mancanza del femminile a me sembra una cosa di un’evidenza palmare, nella nostra società ubriaca di produttività, diritti assoluti (e nessuna responsabilità) e successo. A pagarne le spese, come sempre, sono i più deboli, o meglio le nostre parti deboli, di cui nessuno si prende più cura, se non a pagamento (con tutto ciò che questo significa).

Il che ovviamente non significa che solo le donne si debbano occupare di ciò ma che tutti abbiamo bisogno di un ritorno del femminile, quello profondo, come lo chiamo io, all’insegna della relazione, della comprensione, del dialogo, dell’attenzione, del tempo disteso, del riposo, dell’accoglienza, dell’amore.

Per finire non sono sorpreso delle reazioni isteriche al mio pezzo che era soprattutto umoristico e che secondo me avrebbe dovuto stimolare in persone intelligenti e tolleranti un sorriso e un pizzico di autoironìa.

Prendo atto che viviamo ormai in un clima di guerra, surriscaldamento contingente per le note vicende a parte. Sono certo però che questo clima ci porterà in un mondo sempre più invivibile, come purtroppo verifico che già è, quando non si può esporre una posizione diversa e anche un po’ provocatoria senza essere letteralmente linciati.

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11 comments on “Le donne evaporate si incazzano (ovviamente)”

  1. Bubo

    Caro Mottana, ha mai letto Camille Paglia? Il suo Sexual Personae è molto interessante su questo argomento e su molti altri. Un libro imponente che spettina molti inerti convincimenti collettivi e fa arrabbiare quel tanto che basta per aprire spiragli in ogni dove della mente. Glielo suggerisco.

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  2. Jena plissken

    La femminilizzazione del maschile e la maschilizzazione del femminile rispondono a precisi interessi economici ed esoterici. È una strada intrapresa già molti decenni fa che non ha trovato argine nel pensiero critico e antagonista ma anzi un propulsiore eccezionale. Chi è causa del suo mal ha castrato se stesso caro professore

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  3. Beatrice

    Le donne, LE FEMMINE, come piacciono a lei, quelle vere, fanno scorpacciate di tori, non di ranocchi.
    Chiaro e luminoso è ciò che scrive, ma bisognerebbe guardarsi anche allo specchio. Acquile e piccioni non volano negli stessi cieli… chi ha orecchie per intendere intenda… gli altri in camper.

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  4. Melania

    Ciao Paolo, una veloce nota di costume.
    Cosa ne pensi invece di tatuaggi e unghie ad artiglio di 2 metri, ecc… Il trash del trash insomma.

    Sei sempre un’ottima penna! Ciao!

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  5. Gaia

    Sinceramente parlando, intravedi possibilità di invertire la rotta o sei rassegnato?

    Gaia

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