Paolo Mottana (Milano), è professore di filosofia dell’educazione e di Ermeneutica della formazione e pratiche immaginali all’Università di Milano Bicocca, ha insegnato anche all’Università di Firenze e all’Accademia di Belle Arti di Milano. Dirige, insieme a Romano Madera, il Master in Culture simboliche per le professioni dell’arte, dell’educazione e della cura. Attualmente presiede l’Associazione IRIS (Istituto di Ricerche Immaginali e Simboliche), fondata nel 2005 insieme al suo gruppo di ricerca universitario. Tale Associazione indirizza le sue ricerche da una parte alla riflessione intorno al ruolo dell’immagine simbolica nell’educazione e dall’altra alle prospettive di una controeducazione radicale e libertaria.
Ha collaborato con Riccardo Massa per alcuni anni, come suo allievo, con il quale si è occupato di studiare la relazione tra psicoanalisi e formazione (da cui il testo Formazione e affetti, Armando, 1993 e Dissolvenze. Le immagini della formazione (con Angelo Franza), CLUEB, 1996).
In seguito, dal 1996 circa, ha riorientato il suo orizzonte di ricerca verso la tradizione della filosofia simbolico-immaginale che ha tra i suoi esponenti Gilbert Durand, Henry Corbin, Carl Gustav Jung, James Hillman e Jean-Jacques Wunenburger, e ha fondato un approccio di ricerca e di formazione cui ha attribuito il nome di “pedagogia immaginale”.
Recentemente ha promosso, oltre alla “controeducazione”, la “gaia educazione”, di sapore nicciano e con precisi riferimenti ad autori della antipedagogia e della contestazione radicale come René Schérer, Raoul Vaneigem e Hakim Bey (uniti nel riferimento alle visioni eutopistiche di Charles Fourier).Ha anche messo a punto, insieme a Giuseppe Campagnoli, un approccio all’educazione volto a ripristinare il rapporto sociale tra bambini, adolescenti e adulti compromesso dalla reclusione scolastica, che va sotto il nome di “educazione diffusa”
Il pensiero
Paolo Mottana ha fondato la pedagogia immaginale, sviluppandola poi in molte direzioni con il contributo del suo gruppo di ricerca e in particolare di Marina Barioglio. Essa può essere sintetizzata come un approccio di ricerca e di formazione che intende valorizzare il contributo che l’immaginazione, con particolare riguardo all’immaginazione creatrice, e l’immagine, e in particolare le immagini simboliche, le immagini cioè non riducibili alla mera illustrazione o codificazione di un concetto o di un fatto ma aperte alla più ampia e irriducibile possibilità di significazione, possano offrire alle teorie e alle pratiche educative. In specifico la pedagogia immaginale appella l’educazione a rivolgersi, come fonte di sapere, al sapere simbolico, non rinvenibile nelle discipline altamente concettualizzate ma nelle espressioni dell’operatività simbolica, cioè nelle arti (pittura, musica, cinema ecc.) e nella narrazione poetica e mitica.
In questo senso la pedagogia immaginale promuove un insegnamento che accolga come materia prima del proprio operare proprio il sapere artistico e si avvicini ad esso con una disponibilità accogliente e non giudicante per ottenere da esso uno sguardo e una sensibilità più attenti, plurali e aperti alla differenza e all’ambiguità.
Tale pedagogia è coltivata in corsi di formazione all’Università di Milano Bicocca e in particolare in un corso di perfezionamento sul “formatore immaginale” attivo dal al 2014, successivamente ampliatosi nel Master sulle Culture simboliche per le professioni dell’arte dell’educazione e della cura. Più recentemente tale approccio, che si propone anche in veste di consulenza, ha promosso Summer School e altri corsi di perfezionamento. Inoltre essa è diffusa dall’associazione Iris in molteplici iniziative.
Sul versante della controeducazione Paolo Mottana da tempo si prodiga per affermare un principio vitalistico nelle politiche educative, che si radica in uno stratificato universo di riferimenti che solitamente sono stati attribuiti alla corrente dell’antipedagogia (Ivan Illich, René Schérer, Paul Goodman, Raoul Vaneigem ecc.). Il termine “controeducazione” tuttavia vuole indicare un atteggiamento non radicalmente contrario all’azione educativa anche istituita e organizzata ma una sua conversione che sostituisca all’imperativo e ai dispositivi ascetici e disciplinari egemonici un orientamento più incline a far valere in ogni ambito dell’agire educativo le ragioni dell’eros, della passione, dell’affermazione vitale. Recentemente ha affiancato alla parola “controeducazione” quella di “gaia educazione”, in seguito alla pubblicazione di un testo così intitolato. La gaia educazione prosegue l’impegno controeducativo evocando la lezione demistificatoria e affermativa di Nietzsche (con la sua “gaia scienza) e si rivolge direttamente a tutti gli attori dell’esperienza educativa, incitandoli ad assumere l’educazione pienamente come vita, da godere ora, da rendere intensa, densa, ricca, oltre ogni tentativo di farne un tirocinio infinito verso mete nebulose e astratte. L’educazione si fa nel suo divenire, in contatto con i desideri e i talenti di ciascuno, esprimendoli e dandogli forma. Più recentemente ancora questa prospettiva si è incarnata nel progetto dell’educazione diffusa che punta a rimettere bambini e ragazzi nella vita del mondo e non rinchiusi fuori da esso in una lunghissima quarantena. Si impara nel mondo e si impara attraverso il contatto con la realtà, esplorandola, vivendola, sperimentandola e modificandola. Riflettendoci sopra, intervenendo e contribuendo con la creatività e la fantasia e la freschezza che hanno in dote, quando non sono represse e ingabbiate, le giovani generazioni. Tutti abbiamo da guadagnare dal loro ritorno nella vita sociale. Forse finalmente il mondo tornerà ad essere a misura umana.
(Foto ©Francesca Meloni)