ControEducazione

Controeducare significa prendere sul serio la soggettività di tutti gli attori di una situazione educativa. Nessuno escluso.

Non penalizzare nessuno. Non far star bene i bambini in virtù del sacrificio degli educatori, non far star bene gli educatori con il sacrificio dei bambini, non sacrificare bambini ed educatori in nome di qualche idea astratta o di qualche morale deprivante. Condividere il piacere di esserci, qui ed ora, di cogliere, tra le inesauribili possibilità che ogni momento e ogni luogo consente di profilare come possibili, l’opportunità di imparare da quelle più promettenti in ordine al piacere condiviso, alla massima espansione dell’espressività, dell’energia, dell’immaginazione di tutti.

Significa mettere al centro la realtà di cui si partecipa con il gusto di migliorarla, abbellirla, accomodarla, seguirne la destinazione implicita: curare il suo aspetto, coltivare le vite che si svolgono al suo interno (piante, fiori, animali), assecondare il clima per aumentare i suoi effetti vitali e attenuarne quelli devitalizzanti, porre al primo posto i compiti desiderabili e intensi, quelli densi e ricchi. Non aver paura dell’esercizio e della ripetizione purché siano parte di un fare comune orientato all’intesa e al piacere. L’esercizio di yoga, di meditazione, il rituale di saluto al luogo e agli altri, gli abbracci, gli scambi di affetto, la manutenzione delle cose, il piacere della decorazione, la dolcezza del riposo, l’ascolto della musica, la danza, l’arte e la conversazione come forme di un vivere armonioso e emozionante.

La gaia educazione situa al centro delle pratiche educative l’“attrazione appassionata” di cui parla Charles Fourier. Significa che ciò che si fa nell’ambito di un’esperienza di gaia educazione diffusa è condizionato dal desiderio appassionato di farlo.

Il che non significa necessariamente far decidere a bambini e ragazzi tutto ciò che vogliono. Si tratta piuttosto, per chi allestisce questo contesto di esperienza, di garantire una rosa di possibilità vasta e variata, suscettibile di essere arricchita e modificata, di essere aggiornata e anche accantonata, secondo le preferenze di chi la svolgerà.

Basta con l’imposizione di routine e compiti deprivanti e martirizzanti. Piuttosto un campo ricco di possibilità, di percorsi possibili e emendabili, complicabili, intersecantesi, all’interno dei quali ciascuno possa valutare di inserirsi, assumendo anch’egli responsabilità nei confronti dei compiti e dei partner coinvolti, ma senza il peso e la minaccia di controlli e di sanzioni laddove decida, motivatamente, di prenderne le distanze.

Gaia educazione significa scomparsa di voti e giudizi sommari. E’ nella partecipazione ad una esperienza, quale che sia, pratica, riflessiva, attiva, trasformativa ecc., che il risultato e i progressi conseguiti dicono se si sta procedendo nella direzione di un successo o di un insuccesso. L’unica frustrazione legittima in un contesto di gaia educazione diffusa, è quella che deriva dalle difficoltà intrinseche all’esecuzione di un compito desiderato, negli scarti dai risultati attesi, degli aggiustamenti talora faticosi che esso impone, dalle ripetizioni necessarie e anche dai ricominciamenti, dalle revisioni, dall’analisi degli errori commessi. In un clima di tolleranza, di sostegno, di incoraggiamento, di complicità.