Del male che facciamo e dell’indignazione

Del male che facciamo e dell’indignazione

Non ci vogliamo rassegnare alla presenza del male. Del male umano.

E anche questo è umano. Eppure spesso penso che tanto rumore intorno a fatti di cronaca eclatanti, dove indubbiamente il male si manifesta puro, non eufemizzato da qualche ombra di pentimento, di consapevolezza, nasconda il bisogno di esorcizzarlo, non di guardarlo in faccia e assumerlo come uno dei più ingombranti fardelli che ognuno di noi deve trascinare con sé in questa tragica e talora (troppo talora) magica avventura che è l’esistenza umana.

Noi umani siamo portatori, come è noto, di incredibile bontà e bellezza ma da sempre anche di un male senza confine. La storia umana è letteralmente intrisa di dolore, di violenza, di una capacità di fare del male unica e inconfondibile.

E sottolineo che il male si manifesta in infiniti modi. Si può uccidere una persona con la violenza ma anche con gesti psicologici che distruggono letteralmente la voglia di sopravvivervi. La storia dell’infanzia, nel suo lato più drammatico, è letteralmente la storia di infiniti soprusi, perpetrati spesso dai genitori o da figure educative magari in nome del loro bene (si ricordi la bellissima rappresentazione di questo tipo di male in Fanny e Alexander di Bergman).

Crediamo che sia peggio la violenza fisica o quella psicologica? Vecchia davvero troppo vecchia e dibattuta questione per essere posta ancora. A volte però si preferirebbe essere stati uccisi invece che sottoposti a certe torture infernali che il nostro genere umano (ancor prima che maschile o patriarcale) sa infliggere (ne so qualcosa a proposito di una vicenda di ghosting che mi è capitata da parte di una persona che sono convinto che, non meno di un assassino senza pentimento, conduca la sua vita nella totale indifferenza rispetto alle conseguenze del suo comportamento).

Nel nostro mondo (piccolo mondo occidentale comunque), siamo abituati ormai da tempo a sostituire il male fisico con quello psicologico. Per questo forse i fatti di sangue ci sorprendono tanto, ci indignano, ci avviliscono.

Eppure ciascuno di noi, chi più chi meno, è portatore del male nelle sue molteplici forme. E lo fa più spesso di quanto creda, nella vita amorosa, nel lavoro, nella competizione sfrenata che caratterizza le nostre vite, lo fa sui figli, sugli amici, sui parenti. Forse solo gli eremiti non fanno più male, probabilmente hanno deciso di isolarsi proprio per non incapparvi più o forse hanno solo deciso di rivolgere il male a sé stessi. Difficile saperlo.

Vivere nel mondo, a contatto con gli altri, è prestarsi continuamente alla seduzione del male così come ad esserne colpiti e talora distrutti.

Occorre rassegnarsi al male? Davvero non lo so più. Come spesso accade, più si cerca di fuggirlo e più quello si accanisce. Più cerchiamo di creare un mondo bonificato e più le persone diventano orribili, di un egoismo sconcertante, di una indifferenza abnorme, di una incapacità di vicinanza, di solidarietà, di compassione spaventose. La nostra società, che si dice pacifica solo perché non abbiamo la guerra in cortile, è una delle società credo umanamente più povere, sotto il profilo del suo essere un corpo capace di accoglienza e di amore, che sia mai esistita.

Noi che ci scandalizziamo per le forme del male di grande visibilità, siamo però ciechi alle forme di violenza quotidiane, che si consumano sotto i nostri occhi, siamo violenti con i nostri figli, costretti a una vita che nulla ha più da offrire a un’età bisognosa di amore, di gioco, di passioni, con i nostri vecchi, che rottamiamo in luoghi terribili, con i bisognosi, davanti a cui passiamo continuamente immersi nei nostri cellulari e incapaci anche solo di guardarli.

Infine, proprio nell’amore, teatro da sempre del bene e del male, territorio forse davvero al di là del bene e del male, ci stupiamo del dolore che in esso talora si consuma? Ci stupiamo delle vite spezzate, di quelle soppresse, di quelle lasciate a pezzi?

L’amore forse è proprio il terreno dell’umano, questo amore di cui ciascuno prova a farsi una sua personale filosofia ma che è appunto il luogo degli estremi. L’umanità è estremista, in barba a tutte le ricette ridicole che i vari pensieri positivi e le mistiche orientali all’ombra del capitalismo cercano di farci credere.

E l’umanità è estremista non a caso nell’amore, o nella sua caricatura, come probabilmente molto spesso è, e continuerà a mietere vittime lì perché forse lì a volte lascia cadere le sue maschere, più che altrove. Lì dove a volte si manifesta il tremendo che c’è in noi (notoriamente una delle facce del sacro).

Non debelleremo mai il male, facciamocene una ragione. Possiamo solo imparare a conviverci, con più attenzione, con più comprensione, cercando di limitare i giudizi, anche se a volte sembra impossibile, provando a scendere, a diventare più incerti, più ambivalenti, più lenti. Purtroppo, è proprio quando scegliamo le vie brevi, le botte, il silenzio, il ghosting, il giudizio frettoloso, ma anche l’indifferenza, il cinismo, che il male trionfa più pienamente.

E forse ma sottolineo il forse, quando certi eventi superano la nostra capacità di comprensione, dobbiamo anche accettare questo, che la vita umana è in larga parte incomprensibile.

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